La storia: Berkeley. In bus, diretta da qualche parte. Un uomo anziano si siede a fianco a me. Bisbiglia incessantemente una frase:“something’s lost and can’t be found”. Il viaggio dura molte decine di minuti. Scoprirò poi in rete che la frase è parte di una preghiera che si rivolge a Sant’Antonio quando si perde qualcosa (o qualcuno) e lo si vuole ritrovare. Cerco ancora e in rete trovo anche decine di database con i dati delle persone che ogni anno scompaiono nel mondo. Inizio a raccogliere le loro storie, a guardare le loro fotografie. Ho un rapporto particolare con la solitudine e anche con la fuga: mi sento infinitamente coinvolta.
Il lavoro è realizzato a partire da una fotografia d’archivio, stampato da una matrice calcografica che tecnicamente si definisce –a perdere-: la lastra è stata incisa, stampata, incisa ancora, stampata e così via, fino al completo deterioramento della matrice. 16 stati della lastra, una sola copia per ogni stato. Il progetto è stato realizzato presso la Oxbow School di Napa Vally, CA, presso cui ero ospite nel 2013.
Lo stesso lavoro mi ha poi portata in Olanda, per un esposizione al Grafisch Kabinet del Fries Grafisch Museum, a cura di Joseph J. Visser. Non volevo spedirlo, così lo accompagnai, non a caso in bus… un’altra delle avventure del Marinaio che puoi leggere al completo seguendo il TAG Olanda.