È già notte quando salgo in macchina per raggiungere la casa di Valentina. La strada sembra la lingua asciutta di un cane che corre nel buio e il rumore dei bocchettoni che sfiatano aria calda copre i violini di Bach come un camion che scaricasse terra su un lago ghiacciato. Oggi sento i sentimenti condensarsi fra lo stomaco e il cuore, in una nuvola compatta che non mi fa respirare bene.
Valentina vive in un piccolo appartamento in cima a una scala. Si scusa più volte per il disordine, ma io trovo la sua casa accogliente. Mette sul fuoco la moca del caffè, apre la finestra, si appoggia al davanzale e fuma una sigaretta.
Espira il fumo verso la strada, poi si gira e si allunga verso la scrivania per prendere qualcosa: è un mazzo di carte da briscola. “Le faccio purificare sotto la luna”, dice ridacchiando mentre sporge il mazzo oltre la finestra. Spegne il mozzicone, richiude gli infissi e viene a sedersi di fronte a me.
Mi domanda cosa voglio chiedere alle carte, ma io non lo so, così decidiamo di fare un rapido giro di ricognizione sullo stato di salute degli uomini a cui sono più affezionata.
Mischia il mazzo mentre mi racconta che, di tanto in tanto, va a casa della dirimpettaia, insieme al vicino transessuale, per farsi leggere i tarocchi in modo più professionale: Valentina mi piace moltissimo, prende la vita con serissima ironia.
La osservo con curiosità mentre stende le carte in fila, senza nessuna voglia di chiedermi se credere o no in ciò che sta facendo. Lei scruta le figure: rossetto rosso e onde di capelli scuri che le ricadono ai lati del volto fino a sfiorare il tavolo. Dietro, sui fornelli del vecchio cucinotto, la moca inizia a borbottare. Valentina si alza e versa il caffè. Appoggia due tazze sul tavolo e torna a sedersi.
Guarda le carte una ad una e aggrotta la fronte per la concentrazione. Di tanto in tanto mugugna: “uuuuuuuuuuuu…”, “mmmmmmmm…”, ad indicare che sta ricavando dalla lettura informazioni molto importanti, ovvero che Luca non mi ama, che Marco mi ama ancora e che Dario mi amerebbe, ma mi crede innamorata di Marco che invece mi crede fidanzata con Luca, quello che non mi ama.
Tutto chiaro. Ostento una chiassosa risata, per sottolineare il mio scetticismo nei confronti del Tarocco come mezzo di informazione, eppure, mentre Valentina raccoglie le carte, rimugino in silenzio: -Come è possibile che Marco mi ami ancora?! L’ho fatto impazzire con il mio anarchico bisogno di libertà… E Dario… proprio una bella persona Dario, spero per lui che si salvi finché può dal mio casino sentimentale… E per tutti i diavoli… Luca… perché mai invece, proprio lui, Luca, si ostina a non innamorarsi di me?! Non riesco proprio a capire… cos’ho che non va? Non sono forse abbastanza giudiziosa… educata…?-
La nuvoletta di sentimenti torna a minacciare pioggia.
Valentina intanto si è alzata e si sta preparando ad uscire, ha scelto un cappello dalla sua collezione e ora si avvolge intorno al collo un bizzarro sciarpino di pelo dall’origine incerta. Pochi minuti dopo siamo fuori di casa.
Strade vuote, luci spente: la Romagna d’inverno è come un grande albergo in bassa stagione.
Una serranda aperta per metà in una via secondaria fa da ingresso ad un locale che non avevo mai visto prima.
L’ambiente è poco illuminato. Valentina si ferma a fumare una sigaretta mentre io mi faccio spazio fra le persone: c’è molta gente. Dietro al bancone, un uomo con un basco in testa e la barba bianca stringe un sigaro fra i denti lasciando libere le mani con le quali sposta bicchieri e serve liquore ai clienti. Alle sue spalle scaffali di bottiglie. Una donna aspetta la sua razione di sambuca seguendo i movimenti dell’uomo con occhi lucidi che strisciano dietro a palpebre pesanti, come serpenti sotto ai sassi.
Un ragazzo mi vede e si avvicina, è abbronzato fuori stagione. Dice di essere un -bel fighetto- e di lavorare per Mediaset. Sembra meravigliato del fatto che non voglia lasciargli, nonostante questo, il mio numero di telefono: mi chiede se sono lesbica e mi offre un bicchiere di menta.
Nel frattempo Valentina è rientrata. Mi mette una mano sulla spalla con un tempismo perfetto che accredita i sospetti di Bel Fighetto: sospetti che non mi impegnerò a smentire.
Barcollo cercando un posto per sedermi, con il grosso bicchiere di collutorio in mano. Penso ancora alle carte di Valentina, a Luca che proprio non mi ama e ora anche a Bel Fighetto che non desiste e mi trotta dietro mentre attraverso il locale.
I desideri e i sentimenti sono materia enormemente complicata, non sono quasi mai corrisposti. -Potrei sforzarmi e innamorarmi di Bel Fighetto-, penso ridacchiando da sola mentre ipotizzo un surreale fidanzamento e mi vedo occupare un bel posto da centralinista alle televendite dei materassi su Canale 5.
-No, non potrebbe funzionare.- Allungo il passo e svicolo fra le persone cercando di seminarlo.
La nottata prenderà di lì a poco una piega rocambolesca, tipica delle migliori serate con Valentina. Finiremo per sederci al tavolo con un gruppo di amichevoli sconosciuti, fra cui scopriremo esserci un fotografo piuttosto noto che ci chiederà, con la stessa naturalezza con cui ci si informa sull’ora, se portiamo lo smalto nelle unghie dei piedi. Mi ritroverò poco dopo, così come anche Valentina, in mezzo al locale, senza scarpe, su un tavolo, con un piede a mollo in un bicchiere di Campari, mentre lui, il fotografo, scatta fotografie, dando poi disposizioni alla giovane fidanzata di rimediare alla mia mancanza di stile laccandomi tutte e venti le unghie di rosso.
Dovrò in fine affrontare le comprensibile notorietà raggiunta infilando un alluce nel bicchiere, firmando un autografo sullo scontrino di una macelleria per un ragazzo portoghese e molto ubriaco incontrato in bagno.
Insomma, quando mi rimetto in macchina è ormai quasi mattina.
Accompagno Valentina e riprendo la strada di casa costeggiando il mare, schiarito appena dalla luce che anticipa l’alba. Le orecchie mi ronzano per la stanchezza, così lascio stare Bach.
Di tanto in tanto ridacchio da sola ripensando alla faccenda dei piedi. Eppure, se ascolto, la sento ancora, la nuvoletta di sentimenti. È come un’irrequietezza che conosco bene.
Fermo la macchina sul ciglio della strada e spengo il motore. Apro il finestrino, caccio fuori la testa e respiro. So cos’è: è il mio complicato rapporto con la libertà, è un sentimento che anticipa una qualche partenza, è il primo odore di primavera, è l’amore per la solitudine, per l’aspetto inesatto e asimmetrico che ha. Sono certi pensieri di carbone che mi macchiano le mani e oggi è anche la voglia, che certe volte nemmeno i marinai sanno ignorare, di essere abbracciata a parità di desideri.
Titoli di coda
Nessun animale è stato maltrattato durante la stesura di questo diario.
Gli eventi riportati sono veramente accaduti, ma nel rispetto della privacy, tutti i nomi sono stati cambiati.