L’UOMO ALBERO

“Ciao”. Un ragazzino esce dall’auto per lasciarmi scivolare sul sedile posteriore, poi rientra anche lui tirandosi dietro lo sportello. SLAM.
La macchina riparte subito. Mi guardo intorno: un uomo alla mia sinistra, uno più anziano alla guida, una donna davanti e il ragazzino alla mia destra. Mi danno un passaggio. L’uomo alla guida parla italiano con il ragazzino, russo con la donna e con l’uomo più giovane. L’uomo più giovane parla ucraino con la donna, italiano con il ragazzino e russo con l’uomo alla guida. La donna non parla italiano. Il ragazzino parla solo italiano. Io ascolto.
Mi occorrono diversi minuti per capire quale relazione ci sia fra loro e deludere la mia immaginazione con dinamiche, magari inconsuete, ma del tutto razionali.
Le conversazioni nascono e si diramano in più lingue, infestando l’abitacolo come piante rampicanti. Il dialogo è estremamente complicato, non viene mai tradotto del tutto, e c’è sempre qualcuno che non capisce o ride in ritardo. Ci aspettano quasi cinque ore di macchina. Mi giro verso il ragazzino cercando qualcuno con cui tentare una conversazione di convenienza. parliamo di -com’è andare alle scuole medie- e anche de -la simpatia dei bagnini sulla costa adriatica-, poi lui torna a guardare fuori dal finestrino.
Mi volto verso l’uomo alla mia sinistra. Lui mi parla de -le strategie degli Stati Uniti per pilotare la rivoluzione ucraina-, di -perché avere un dittatore non è poi sempre così male-, di -come pescare uno sgombro con la fiocina e farcirlo con la cipolla e le carote-, de -il prezzo al dettaglio dei Kalashnikov in Ucraina-, di -cosa bisognerebbe fare alle coppie gay che decidono di adottare figli- e infine de -i segreti per essere un buon palombaro amatoriale-. Mi dice di avere 33 anni, di essere in Italia da 13 anni, di avere moglie e due figli e di essersi costruito la casa da solo. Poi, con orgoglio: “sono un tree-climber, sai cos’è?”. No, non lo so. Mi spiega che è un giardiniere di quelli che si arrampicano sugli alberi alti (Su quelli più alti di venticinque metri dove non si arriva con la piattaforma). Mi dice di aver potato tre magnolie giganti e di aver ottenuto il lavoro dopo aver fatto il circense in Ucraina.

Poi mi chiede: “tu quanti anni hai? La tua famiglia?”
“Non ho figli, domani ne compio 33 anch’io”, rispondo.
Mi guarda rammaricato per qualche secondo, poi mi mette una mano sulla spalla: “mi dispiace, che peccato…”. Lui torna a guardare la strada e io, per la prima volta, mi sento irrimediabilmente zitella. Un pesante silenzio cala nell’abitacolo della macchina, come se tutti, proprio adesso, avessero capito l’argomento della conversazione, così lui si gira di nuovo verso di me e conclude consolatorio:“ma non è colpa tua, sono i maschi italiani che non vogliono mettere le radici”.

 

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